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IL RAZZISMO COME SOPRAVVIVENZA CULTURALE

Non ho certo il timore d’esser tacciato di razzismo. Devo per caso nascondere la volontà di vivere in un Paese libero da ingiustizie e da appro*****tori? No, sono semplicemente chiaro come chiare dovrebbero essere le persone quando affrontano il tema del razzismo.

Convivenza di due o più etnie (aventi diverse culture) nello stesso territorio.

Non è possibile (o meglio, non sarebbe corretto) parlare di superiorità tra razze, convinto del fatto che cadremmo nella soggettività sensoriale tanto puerile quanto fuorviante.

Certo è che le etnie distinguono la marmaglia umana in diversi gruppi. Queste sono indubbiamente contraddistinte da peculiarità che le rendono uniche. Ecco, dobbiamo porre l’accento su quanto le differenze separino indissolubilmente un’etnia da un’altra, seppur costrette a vivere nel medesimo luogo.

Darwin parlò di questo e notò che anche tra gli animali ciò accade, anche all’interno della stessa specie. I più deboli sono sopraffatti dai meno deboli. Malattie, condizioni climatiche e l’istintivo senso di protezione della terra su cui vivono non fanno altro che concludere l’opera di prevaricazione.

Nell’uomo il discorso è molto simile.

Quando due o più culture entrano in contatto ciò prelude uno scontro non lontano nel tempo. Stili di vita diversi, consuetudini differenti, religioni dai caratteri discrepanti accentuano le divergenze. Solitamente a seguito di questa situazione avviene l’autoghettizzazione della cultura numericamente meno presente sul territorio, vale a dire l’etnia inferiore si separa da quella dominante per sopravvivere.

E’ comprensibile, ma questo non è certo il multicuturalismo che i grandi “illuminati” auspicano. Posso portare esempi di grandi città dagli hinterland abitati da gente di tutte le razze: il quartiere cinese, il quartiere rumeno, il quartiere italiano, quello degli ebrei… Quartieri, ghetti, muri, valli, divisori, barriere, protezioni. Quante grandi città europee e mondiali sono siffatte? Semplicemente tutte, e da sempre.

Un puzzle di situazioni delicate, un’intricata miscellanea di incontrovertibili modi di pensare e di vedere il mondo. Sono le grandi città le mine vaganti di questo scorcio di secolo e le ingestibili periferie sono le micce.

Il problema della conservazione della razza, delle nostre radici e delle nostre tradizioni è reale e oggi più che mai deve essere affrontato con la necessaria serietà.

Disponibilità ad aiutare chi lo chiede. Disponibilità ad ospitare chi sta alle regole del paese che compie tale generosità.

Ma altresì ci si deve scagliare contro chi si adopera a non far niente, contro chi si impegna a vivere alle spalle di chi compie onestamente il proprio lavoro, contro chi vede nell’onesto un soggetto a cui poter succhiare come una sanguisuga quel che può.